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venerdì 15 gennaio 2010

IJ MËRCÄNT ËD FIÒCÄ Ä CÄSÀAL E INT IJ SÒV FRAZIOGN


San Mauro e sant’Antonio abate, le cui ricorrenze cadono rispettivamente il 15 e il 17 gennaio, erano appellati un tempo come mërcänt ëd fiòcä, apportatori di neve, in quanto il periodo di metà gennaio corrispondeva – almeno sino a prima degli odierni sconvolgimenti climatici – con quello delle principali e più abbondanti nevicate.
Mauro fu uno dei primi compagni di san Benedetto da Norcia, fondatore dell'Ordine Benedettino, all'eremo di Monte Subiaco e ne divenne presto uno dei più stretti collaboratori, tanto da venire inviato dal grande patriarca in Francia a fondare il monastero di Saint Maure sur Loire dove morì, forse di peste, un 15 Gennaio, giorno che divenne quello della sua festa. Numerosi sono i miracoli che gli vengono attribuiti, quali quello di aver camminato sull'acqua per salvare un compagno che rischiava di annegare o di aver fatto ritornare sul suo manico la lama di una falce che un contadino aveva fatto staccare per troppa foga, mandandola a finire in uno stagno. A Cafferonio, frazione di cui è patrono, sorgeva, sino alla fine degli anni '50, una cappelletta a lui dedicata, dotata anche di campana, poi demolita per far posto all'attuale piazzetta e mai più ricostruita. Altre sue immagini si trovano alle cappellette del Pozzaràch e del Mont Scërän.
Antonio era un eremita egiziano vissuto tra la fine del terzo e l'inizio del quarto secolo. Fu inventore della regola dell'ora et labora, poi adottata da Benedetto per il suo ordine monastico e subì le continue e crescenti tentazioni del demonio che con ogni mezzo cercò di indurlo al peccato, senza però mai riuscirci. Visse a lungo nel deserto egiziano e nella Tebaide, uscendo una sola volta dal suo isolamento per battersi contro gli ariani di Alessandria. La sua vita fu narrata dal discepolo, S. Atanasio ed è circondata da numerose leggende. Si racconta, ad esempio, che avesse grandi poteri taumaturgici, rivelatisi per la prima volta nella guarigione di un maialino che da allora, portando al collo un campanello di riconoscimento, lo accompagnò ovunque divenendo, insieme al lungo bastone cui l'eremita soleva appoggiarsi, il suo simbolo: sänt’Äntòni dël porscél, chë’l sonavä ‘l cämpänél…
Morì, pare, nel 356 e le sue spoglie, dapprima sepolte in un luogo segreto e poi ritrovate, nel 561 vennero portate a Costantinopoli e poi, nell'XI secolo, in Francia. Qui nacque la sua fama di guaritore, soprattutto dall'herpes zoster, malattia universalmente nota, appunto, come fuoco di sant’Antonio, e di protettore degli animali. Anche nei nostri paesi, il 17 di Gennaio si usava benedire gli animali domestici, lasciati per un giorno a riposo e solennemente radunati, adorni di fiocchi e nastri, sui sagrati delle chiese. Nello stesso giorno avveniva, e ancor oggi avviene alla Cereda, frazione di cui è copatrono, la benedizione del sale utilizzato per i medesimi animali. Altro simbolo normalmente associatogli è un piccolo falò, il fuoco che secondo un altro mito il santo trafugò direttamente dall'inferno con un abile stratagemma, facendone poi dono all'umanità che sino ad allora ne sarebbe stata priva. Nelle credenze popolari l'immagine del santo andò a sovrapporsi a quella di Lug, il dio celtico della luce, il cui simbolo sacro era quello del cinghiale, progenitore dei maiali domestici e a volte rappresentato accanto ad Antonio; la Chiesa cattolica, come in molti altri casi, accettò di buon grado quest'associazione di idee che le permetteva di introdurre negli stati più bassi della popolazione la nuova fede senza eccessivi traumi; soprattutto da ciò derivano i numerosi poteri, chiaramente magici, ancor'oggi attribuiti al santo anacoreta.

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